DALL'
ULIVETO
Guardando
qui dall'uliveto il lago
che
le betulle dal tronco slanciato
coprono
in parte, vedi in lontananza
della
riva i contorni e ferma l'acqua
simile
ad uno specchio là posato.
Frusciano
appena le betulle in alto,
le
foglie chiare e scure contro il cielo
sembrano
un cinguettare senza voce,
fremono
brevi sul ramo ricurvo.
E
si abbandona al sole che declina
folta
la valle tanto che nemmeno,
come
si dice, uno spillo cadrebbe.
Dov'è
il mondo, di lacrime e di sangue?
Appena
giù, al sommo della curva.
Qual
è la verità, datemi il senso
piccoli
ulivi sorridenti intorno.
Scatta
un allarme, passa alto un aereo.
Un'altra
cosa o questa, o il risvegliarsi
-
appena ridiscesi - al dubbio o all'ansia,
alle
corse e all'affanno: tutto è nulla su
questo
prato, dove la panchina è
un
abbraccio di oblìo.
Come
puntuto stilo nella mente
torna
il pensiero di chi ci fu accanto
per
amore, o ci fu caro o amico e troppi
e
insostenibili ci parvero i giorni
del
suo dolore – e troppe e troppo grandi
le
sciagure trascinano la storia.
L'animo
confuso cerca la congiunzione
degli
opposti, della catena il ferreo penetrare
degli
agganci tra il bene e il male.
Conviene
tenersi ad essa, se pure la mano
sia
ferita nel palmo, e non sappia vedere
il
rosso della rosa.
Intanto
m'alzo. Lieve e di incomparabile
bellezza
scende il cammino. Incontro
un
vecchio, un cane - ed un bambino :
mi
guarda e mi sorride, mi fa “ciao”
con
la piccola mano
©
Giovanna de Luca
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