venerdì 11 settembre 2015



DALL' ULIVETO

Guardando qui dall'uliveto il lago
che le betulle dal tronco slanciato
coprono in parte, vedi in lontananza
della riva i contorni e ferma l'acqua
simile ad uno specchio là posato.
Frusciano appena le betulle in alto,
le foglie chiare e scure contro il cielo
sembrano un cinguettare senza voce,
fremono brevi sul ramo ricurvo.
E si abbandona al sole che declina
folta la valle tanto che nemmeno,
come si dice, uno spillo cadrebbe.
Dov'è il mondo, di lacrime e di sangue?
Appena giù, al sommo della curva.
Qual è la verità, datemi il senso
piccoli ulivi sorridenti intorno.
Scatta un allarme, passa alto un aereo.
Un'altra cosa o questa, o il risvegliarsi
- appena ridiscesi - al dubbio o all'ansia,
alle corse e all'affanno: tutto è nulla su
questo prato, dove la panchina è
un abbraccio di oblìo.

Come puntuto stilo nella mente
torna il pensiero di chi ci fu accanto
per amore, o ci fu caro o amico e troppi
e insostenibili ci parvero i giorni
del suo dolore – e troppe e troppo grandi
le sciagure trascinano la storia.
L'animo confuso cerca la congiunzione
degli opposti, della catena il ferreo penetrare
degli agganci tra il bene e il male.
Conviene tenersi ad essa, se pure la mano
sia ferita nel palmo, e non sappia vedere
il rosso della rosa.

Intanto m'alzo. Lieve e di incomparabile
bellezza scende il cammino. Incontro
un vecchio, un cane - ed un bambino :
mi guarda e mi sorride, mi fa “ciao”
con la piccola mano
© Giovanna de Luca



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