La
fermata
Il
suo tram aveva una fermata proprio lì, davanti a quella porta.
Se
ne era accorta un giorno in cui, dal sedile, aveva spinto gli occhi
oltre il finestrino, nell'attesa che i passeggeri si avvicendassero.
Lo sguardo distratto aveva percorso il marciapiede, largo e
sconnesso, e si era fermato al portone: di legno giallastro, a forma
ogivale, appariva consunto . Due grandi anelli dorati pendevano alla
congiunzione dei battenti, e ciò gli conferiva una vaga eleganza.
Ripreso
il tram il suo percorso, le era rimasta dentro una strana
impressione, una sorta di turbamento, come di una presenza che
premesse per rendersi in qualche modo evidente.
Quella sensazione era perdurata in lei tutta la sera. Nei giorni seguenti il lavoro d'ufficio l'aveva messa in secondo piano, ma non cancellata. Ma stasera, avvicinandosi quella fermata, una particolare attenzione era scattata in lei. Ed ecco , il tram si ferma: scendono e salgono i passeggeri, il sole batte sui due anelli dorati. Un uomo entrando dà un colpo forte ad uno di essi.
Quella sensazione era perdurata in lei tutta la sera. Nei giorni seguenti il lavoro d'ufficio l'aveva messa in secondo piano, ma non cancellata. Ma stasera, avvicinandosi quella fermata, una particolare attenzione era scattata in lei. Ed ecco , il tram si ferma: scendono e salgono i passeggeri, il sole batte sui due anelli dorati. Un uomo entrando dà un colpo forte ad uno di essi.
E
il cuore fa un tuffo,si apre uno squarcio nella memoria...
Da
parecchi mesi ormai la tensione in città è diventata insostenibile.
Le persone per strada non si guardano negli occhi, si scambiano brevi
parole su cose banali quando è necessario, temono di scoprire che le
origini, la religione dell'altro sono diverse dalla propria. Vestono
in modo anonimo, che niente trapeli delle diverse appartenenze. La
sera ormai ci si chiude in casa, non si ricevono più amici, che
possono negli ultimi tempi essere diventati nemici. È sera e Lilia
cammina dando la mano a suo padre, attaccata quasi ai pantaloni di
lui. Il padre ha fretta, vuole al più presto riparare la bambina: al
lavoro è giunta notizia di nuove violenze nella capitale. La voce si
è sparsa rapidamente nella piccola città, già da tempo turbata da
divisioni e storici rancori che parevano ormai dimenticati. Ma la
storia, quella di chi segue interessi di potere e dimentica gli
uomini, ha riaperto antiche ferite. Lilia e la sua famiglia
appartengono al gruppo minoritario. Stamane il padre ha sentito che,
in seguito alle violenze nella capitale, si aggregano in città
uomini agguerriti contro quelli come lui. Ora si sentono più forti,
e colpiranno.
È
andato in fretta a prendere la bambina a casa della nonna: Lilia li
ha sentiti scambiarsi poche parole concitate, e ha avuto paura. Ora
stringe al petto la sua bambola di pezza, con la forza con cui il
padre stringe la sua mano. Mentre camminano, Lilia, che ha sei
anni,ricorda un episodio a scuola che l'ha molto turbata. Stava una
mattina giocando nel cortile, durante l'intervallo. Giocava con
l'amichetta del cuore. Le maestre guardavano. All'improvviso era
apparsa la madre dell'altra bambina, aveva parlottato con una
maestra, poi entrambe avevano rivolto lo sguardo su di loro: la
maestra si era precipitata sull'amichetta e strappandola al gioco
aveva detto: “Non devi giocare con Lilia mai più, mai più,
capito?”
A
casa, a pranzo, aveva raccontato l'episodio ai genitori, che si erano
guardati in un modo che lei non aveva compreso. Poi, alle sue domande
insistenti, le avevano detto che quella mamma certo temeva che la
sua bambina prendesse la malattia infantile che Lilia aveva da poco
superato... Ma la risposta non l'aveva convinta, la maestra aveva
detto: “Mai più!”
Eccoli
a casa. Il padre si volta a osservare la strada, entra in fretta. La
mamma è dietro la porta socchiusa. Cenano. Come sempre Lilia si
ritira nel suo angolo, in camera da letto. Ma stasera lascia una
fessura più grande: vuole sentire i discorsi dei genitori.
Mamma
e papà parlano uno di fronte all'altra, le poltrone avvicinate, le
ginocchia e le teste che quasi si toccano. Parlano a voce bassa,
Lilia si sforza di sentire. Non comprende bene le parole, spostandosi
un poco vede il volto del padre serio, preoccupato. Deve aver detto
qualcosa di molto grave,se la mamma piega il capo, mentre le sue
spalle si scuotono come in un singhiozzo. Allora il papà
l'abbraccia, Lilia capisce che vuole calmarla, addolcire quanto
detto prima.
Sono
le tre di notte: all'improvviso Lilia è svegliata da un colpo
furioso al portone, cui ne seguono altri violentissimi. La loro è
una vecchia casa modesta, con un portone di legno giallastro e due
maniglie ad anello. Abitano al primo piano.
Sfondano
la porta, salgono gridando la rampa di scale. Tutto accade come in un
vortice, Lilia negli anni a venire ricorderà il pianto di sua madre,
la voce ferma e dignitosa di suo padre, chiara sopra le grida e gli
insulti. Ricorderà le sue braccia, tenere anche in quel frangente,
che la mettono in quelle della mamma mentre dice: “Fuggite dalla
città”. E, se fa un doloroso sforzo, risentirà una voce
agghiacciante che urla, mentre rompe e distrugge tutto con un
bastone. “Pulizia, pulizia...”
Lilia
non si era mai accorta che la loro casa fosse sporca.
Il tram rimane fermo per
un tempo più lungo del solito. Guardando i battenti del portone,
Lilia percepisce che tutta la tragedia di quella notte è
riassumibile nel colpo di maniglia che aveva squarciato il silenzio:
un gesto brutale, uno solo, in un attimo aveva distrutto la sua
famiglia.
Dei giorni seguenti la
cattura del padre Lilia aveva negli anni conservato ricordi confusi.
La mamma si aggirava per casa raccogliendo quello che poteva senza
sosta né riposo, nascondeva la disperazione in rari momenti di
abbandono nella notte, da sola.
Aveva contattato un
amico, che aveva un carro: una sera egli aveva caricato la donna, la
bambina e un baule, per raggiungere un paese lontano, vicino al
confine con un altro stato, dove si poteva vivere.
Lo aveva fatto a suo
rischio, grave rischio, ma era amico del padre di Lilia. Quando le
aveva deposte stremate nel luogo prefissato, aveva promesso che
avrebbe fatto di tutto per avere notizie di lui.
Seduta con la mamma
dietro il recinto di un piccolo orto, qualche mese dopo la fuga,
Lilia le aveva chiesto se gli uomini cattivi avevano portato via il
papà perché la casa era sporca.
La mamma l'aveva tenuta
stretta sulle ginocchia e con voce pacata ma intrisa di un antico
dolore le ava raccontato , e spiegato.
Lilia per molto tempo,
dietro il recinto del piccolo orto, aveva scrutato la strada,
sperando di veder comparire la sagoma di suo padre. Poi non lo aveva
fatto più.
Mentre il tram percorre
il viale alberato verso la periferia, Lilia ritorna con la mente agli
anni passati
dopo le sventure, le
tragedie innominabili che avevano insanguinato il suo paese. Poi la
storia aveva fatto il suo corso, ma lei pensa che tutto quell'orrore
si è solo trasferito altrove, che continua a viaggiare per il mondo.
Lilia è una donna ancora giovane, e vive adesso modestamente, in una
casa molto simile a quella di allora. Ha un impiego, ha studiato
quanto basta, ha qualche amica , e una bellezza ancora fresca.
Già: in virtù di
questa Lilia si è trovata, appena maggiorenne, sepolta nel piccolo
paese la madre, in un' altra città, in un' altra nazione...
Parigi
è bella, a Natale.
I
boulevards scintillano di luci, canti e voci liete risuonano intorno.
Questo mondo ricco, colorato, ignaro, la stordisce. Lilia cammina
piano, gli occhi pieni di stelle e vetrine, e l'animo turbato. Le
hanno infilato una tenuta elegante, l'hanno truccata e acconciata, i
lunghi capelli biondi lucenti e vaporosi. Ora deve procedere mentre
la riprendono , per la pubblicità di un profumo. Qualcuno la
richiama. No, non quello sguardo, non va bene. Perché è triste? Non
si è tristi a Parigi la notte di Natale, le dice qualcuno. Suvvia,
il passato è passato! È giovane, è bella, e adesso lavora per un
marchio di bellezza. Bisogna guardare avanti e dimenticare.
Dimenticare. Strapparsi le radici. Cosa vorresti ancora, pensa e non
dice chi le parla, ora che ti stiamo traendo fuori dalla miseria?
E
poi è primavera a Parigi, profuma l'aria e il cielo ha
quell'azzurro...Lilia cammina sul boulevard, accanto a un giovane
uomo elegante che le propone una piccola parte in un film, le
prospetta un meraviglioso, ricco futuro. E Lilia quasi non lo
ascolta, ha una canzone nel cuore, una sua vecchia stupenda
canzone..
Il
giovane uomo la prende a braccetto, la conduce in un celebre caffè,
le ordina quello che vuole. E intanto parla, parla: tu non sai cosa
puoi avere, puoi fare la modella, hai il tipo di fascino che piace,
con noi hai un avvenire assicurato. Lascia stare il passato,
aggiunge, i morti sono morti, ora goditi con noi questa pace, sii
felice !
Non
è cattivo il giovane uomo, e molto ha investito su quella ragazza :
ad altri deve rendere conto, il successo delle ragazze che recluta
per il mondo della moda è un suo successo. Guardati intorno, dice
ancora, ascolta la musica che viena da laggiù. E Lilia ascolta :
Ederlezi, Ederlezi(1),“sta
arrivando la primavera, giglio verde della valle, per tutti ma non
per me”, cantava suo padre. E vede volare alte le cicogne, e il
boulevard è il lungo erboso sentiero su cui spiava il ritorno di
lui. E le strade eleganti sono le sue strade, grigie e smarrite,i
palazzi sono le sue case, polvere di periferia, sfiancate dai segni
della guerra.
Così
Lilia si alza, se ne va senza salutare
Il
tram, con uno scossone, la riporta al presente. Il viale è lungo,
costeggia il fiume : qualche pescatore, qualche ragazzo, una barca.
Come fai, Lilia, le aveva detto un'amica a Parigi, come fai a voler
tornare nel tuo paese? Lilia non aveva risposto, l'altra non avrebbe
capito. Questa era la sua terra, questo era il suo paese, lì erano
nati e cresciuti i suoi genitori, i suoi nonni e i suoi avi, lì
avevano amato, gioito, e sofferto. O sì, quanto sofferto! Troppo.
Quante lacrime e sangue l' avevano bagnata!
Perciò
lei non se ne sarebbe andata via da loro, non li avrebbe traditi per
quattro lustrini.
Da
qualche anno ormai Lilia conduce la sua semplice vita, e coltiva nel
cuore una flebile eppur salda speranza di pace.
È
arrivata a casa. Mentre impugna la chiave, osserva qualcosa mai
notata prima: Il portone ha una forma ogivale, è di legno giallastro
consunto e due anelli dorati pendono dai battenti. Lilia ne prende
uno, lo solleva e lo fa ricadere sul battente: ma piano, per non
farsi male.
(c) Giovanna de Luca
(1)Ederlezi è
una canzone
popolare tradizionale
in lingua
romaní delle
popolazioni di etnia Rom dei Balcani,
principalmente in Serbia
Il
titolo si riferisce alla festività serba di Đurđevdan (Ђурђевдан),
chiamata in lingua rom appunto Ederlezi,
che cade il 6 maggio e celebra la primavera.Si
tratta probabilmente del brano folkloristico romaní più noto al
mondo, soprattutto grazie alla versione realizzatane
dal musicista Goran
Bregović.
Ma forse il testo non è suo: pare
infatti che sia stato composto sulle
tradotte in cui, nel maggio del 1942,
prigionieri serbi vennero
deportati a migliaia da Sarajevo a Jasenovac, duecento per vagone E’
su di uno di questi che qualcuno intonò il dolcissimo e straziante
“Sta arrivando la primavera, giglio verde della valle, per tutti ma
non per me…”.
N.B.
I riferimenti di luogo e di tempo sono volutamente generici
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