Letteratura
giovedì 29 agosto 2013
PERCEZIONE
In un puro mattino
d'estate
affacciata a quel
golfo in Liguria
che “di
Venere”prima e poi “dei poeti”si appella,
io vidi ogni mare
in quel mare
e gli oceani e le
acque del mondo
mescolarsi nel
golfo, perché i mari
non hanno confini
ma soltanto orizzonti
ed il dolce
sciacquio delle onde
è dovunque lo
stesso.
Percepii la sua
forza e le mille vicende,
le guerre le
odissee e i naufragi -
tutta quanta la
storia in esso trascorsa.
E in quel tratto
di costa che congiunge
Toscana e Liguria,
in quel puro mattino,
l'orizzonte fu
solo un pensato passaggio,
fu la storia che
venne dal mare
in un fiume di
azzurri -e mi prese.
E non fui che un
suo piccolo,
minimo evento
TELLARO
Tellaro appollaiata-
dormiente sul mare,
nella memoria ti vedo
di anni assolati
quando gli occhi spaziavano avanti
al di la' di Palmaria
oltre ilTino e il Tinetto.
Tellaro raccolta
nelle strade a gradini,
cui il basilico occhieggia
dalla scarna inferriata
e il pennello d'artista
si affatica allo scorcio
di brume rosate.
Tellaro propaggine estrema
del monte
che al mare consegna
i profumi del bosco.
Il cipresso si innalza
elegante,
pigro il gabbiano
plana.
Sorgeva la luna
dal nero crinale:
piu' tardi
la striscia di luce sul mare
ti rivelava,Tellaro,
pallida gemma
notturna
Tellaro appollaiata-
dormiente sul mare,
nella memoria ti vedo
di anni assolati
quando gli occhi spaziavano avanti
al di la' di Palmaria
oltre ilTino e il Tinetto.
Tellaro raccolta
nelle strade a gradini,
cui il basilico occhieggia
dalla scarna inferriata
e il pennello d'artista
si affatica allo scorcio
di brume rosate.
Tellaro propaggine estrema
del monte
che al mare consegna
i profumi del bosco.
Il cipresso si innalza
elegante,
pigro il gabbiano
plana.
Sorgeva la luna
dal nero crinale:
piu' tardi
la striscia di luce sul mare
ti rivelava,Tellaro,
pallida gemma
notturna
©
Giovanna de Luca
SERA
DI MAGGIO
Non
è piu' tempo-dici-
del
vino e delle rose.
Ma
ancor si avvinghia
il
ramo
alla
sera di maggio
ed
a lungo ci inebria
la
rosa alla finestra.
Vedi
come piu' dolce ci richiama
il
raggio
del
tramontante sole
e
l'occhio lo trattiene
tra
le ciglia socchiuse
e
lieto ci accompagna
un
tripudio di canti
in
mezzo ai rami.
A
lungo resteremo
a
guardare il tramonto
fino
a quando
sfumeranno
i petali
nell'ombra
e
la curva piu' dolce
che
segna la collina
si
annullera' pian piano.
Cogli
dunque il momento-
e
brindiamo:
non
è ancor spento
il
tempo
del
vino e delle rose
©
Giovanna de Luca
SOSTA
Su di una panca di
chiesa
nel deserto fondo
di una navata
nel silenzio
assoluto
ho deposto stamane
le mie inutili
guerre -
obliquo il raggio
dal rosone in alto
convogliava un
pulviscolo di luce.
Compagna, una
candela
vibrante ad ogni
soffio di respiro:
così piccola
fiamma
in ombra tanto
vasta.
Ma così forte -
come una speranza
TORNANDO
Torno di sera, e
l'ora è tarda.
La luna è grande
-
qualche nube la
sfiora.
Ed ecco che
dall'alto essa mi guida,
quasi mi trascina
con un filo
invisibile.
E' in cima ad ogni
curva della strada,
non mi perde di
vista: imponente, regale
conduce il mio
volante
come per mano.
Scivolano le ruote
sull'asfalto,
accelero e la
seguo:
più decisa mi
porta
mi ordina di
andare...
Ed è la strada
verso casa, questa:
ma non là, non là
mi vuol portare.
La luna è grande,
facile la strada,
verso dove non so,
verso dove non so...
Conta l'andare
BERLINO
(5 agosto 2013)
Di sera a Berlino,
affacciati sul
fiume.
Le luci increspate
nell'acqua
stemperano in voce
sommessa
un'eco lontana di
grida.
“Il dolore di
ieri”- ci disse la guida,
“fa da sfondo
alla vita di oggi”.
E la piazza famosa
è vicina,
trattiene la
musica, i canti:
è festa ogni sera
– ogni sera
si allontanano
crudi fantasmi.
Eppur parlano voci
nelle pietre di
vecchi palazzi,
mentre scivola
lieve un battello,
come fosse un film
muto.
Di sera a Berlino,
affacciati sul
fiume,
ogni voce di gioia
è il lamento
mutato
ALBE E TRAMONTI
Albe e tramonti
sulle mie colline
sono passati-e
passeranno.
Altri occhi hanno
visto-e vedranno-
delle stagioni i
colori mutati
l'infoltirsi del
verde ad ogni estate
le luci da
presepio ad ogni inverno.
E voi non siete
mie-come vorrei-
bensi' altro da
me:
cosi' è diverso
il ramo
dall'acqua che lo
porta,
galleggiante sul
mare,
fino alla riva
© Giovanna de Luca
LIBERTA'
Disse la foglia al
ramo:
“Io me ne voglio
andare-
staccarmi dalla
linfa
di cui sempre mi
nutri:
lascia ch'io voli,
e provi
l'ondeggiare del
vento e veda
l'erba e il fiume
e le corolle in fiore.
Non farmi qui con
te
sempre appassire.
E le rispose il
ramo:
“Vai dunque,se
tu vuoi.
Sarà il vento a
portarti, dove lui vuole.
Sarà l'erba a
impigliarti nei suoi steli.
E col piccolo
becco un uccellino
ti farà male, nè
potranno altre foglie coprirti
se pioverà”.
E se ne andò la
foglia.
E venne il vento
e via la trascinò
dentro ad un fiume,
e il fiume la
sbatté contro le pietre,
e un volatile
oscuro la tormentò
beccandola.
E venne il sole, e
la foglia assetata
giaceva sopra un
greto-
e venne un uomo,
che la calpestò.
E infine fu
l'arsura, lenta e greve,
senza la linfa.
Così- di libertà-
morì la foglia
© Giovanna de Luca
PAROLA CHE
T'INCARNI
Parola che
t'incarni
nel mattino
d'estate
che ti fai fiore,
erba, cielo -
e respiro di vita.
Parola che
t'inveri
nel gesto di un
amico
che ti fai riso e
pianto -
e bisogno d'amore.
Parola che cerchi
le strade del vero
che percorri il
mistero -
e ti fai poesia.
Parola che sei
dell'umano
il più nobile
segno:
facci degni di te
-
scintilla divina
©
Giovanna de Luca
domenica 18 agosto 2013
ANCORA SULLA STRADA DI ZENNA di Vittorio Sereni Perchè quelle piante turbate m'inteneriscono? Forse perchè ridicono che il verde si rinnova a ogni primavera,ma non rifiorisce la gioia? Ma non è questa volta un mio lamento e non è primavera, è un'estate, l'estate dei miei anni. Sotto i miei occhi portata dalla corsa la costa va formandosi immutata da sempre e non la muta il mio rumore né, più fondo, quel repentino vento che la turba e alla prossima svolta, forse finirà. E io potrò per ciò che muta disperarmi portare attorno il capo bruciante di dolore. Ma l'opaca trafila delle cose che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo, la spola della teleferica nei boschi, i minimi atti, i poveri strumenti umani avvinti alla catena della necessità, la lenza buttata a vuoto nei secoli, le scarse vite, che all'occhio di chi torna e trova che nulla nulla è veramente mutato si ripetono identiche, quelle agitate braccia che presto ricadranno, quelle inutilmente fresche mani che si tendono a me e il privilegio del moto mi rinfacciano. Dunque pietà per le turbate piante evocate per poco nella spirale del vento che presto da me arretreranno via via salutando salutando. Ed ecco già mutato il mio rumore s'impunta un attimo e poi si sfrena fuori da sonni enormi e un altro paesaggio gira e passa da Gli Strumenti Umani, 1965 Il 27 luglio 1913 nasceva a Luino Vittorio Sereni. E' una delle più importanti voci della nostra poesia moderna. Gli rendo omaggio con anticipo,scegliendo una sua bellissima poesia